Derivati, transazione con le banche

Nelle casse del Comune di Milano 450 milioni di euro

Ecco quando qualcuno può dire di avere chiuso bene uno swap:

L'amministrazione ne investirà una parte in titoli di Stato italiani. Lunedì l'accordo verrà portato in Consiglio comunale quattro gli istituti di credito coinvolti con l'accusa di truffa aggravata

L'amministrazione ne investirà una parte in titoli di Stato italiani. Lunedì l'accordo verrà portato in Consiglio comunale

MILANO - Una clamorosa transazione a sorpresa tra Comune di Milano e banche internazionali, negoziata per mesi in gran segreto dal direttore generale Davide Corritore con i quattro istituti di credito sotto il pungolo delle imputazioni di truffa aggravata sostenute in Tribunale dal pm Alfredo Robledo, rimpingua il bilancio di Palazzo Marino di una somma quasi pari all’intero deficit del 2012: oltre 450 milioni di euro, dei quali circa 40 in cassa subito e il resto spalmato sui prossimi 20 anni in modo che ogni stagione il Comune possa contare su circa 20 milioni di interessi da investire in spese e servizi. Un meccanismo ventennale che azzera qualunque rischio futuro per il Comune, e la cui architettura prevede oltretutto il reinvestimento da parte di Palazzo Marino di 300 milioni in titoli di Stato italiani depositati presso le banche, le quali accettano di chiudere proprio il «derivato» oggetto delle censure del pm.     

Le tedesche Deutsche Bank e Depfa Bank, l'americana Jp Morgan e la svizzera Ubs, da mesi sono infatti sotto processo in Tribunale  (insieme a 11 loro dirigenti) nell’ipotesi che abbiano truffato il Comune (con il concorso dell’allora direttore generale di Palazzo Marino, Giorgio Porta, e del consulente  Mario Mauri)  nella rinegoziazione trentennale nel 2005 del debito di Palazzo Marino. Questi contratti «derivati» per gestire il rischio di tasso d'interesse — cioè  costruiti su strumenti finanziari agganciati a un valore che «deriva» da quello di attività sottostanti come valute, merci, titoli, indici — avrebbero garantito alle banche 100 milioni di profitti,  corrispondenti ad altrettante perdite per il Comune, celati sotto posizioni finanziarie squilibrate in partenza e commissioni bancarie non evidenziate.
Nel processo, il primo al mondo, istruito da Robledo sulla scorta delle analisi della seconda sezione del «Gruppo tutela mercati e capitali» del Nucleo di polizia tributaria della GdF di Milano, le banche negano le accuse e ribadiscono con forza la propria correttezza. Ma il giudizio milanese è troppo pericoloso nella prospettiva di analoghe inchieste giudiziarie che in 7 Regioni, 2 Province e 38 Comuni stanno sinora mettendo sotto indagine contratti di finanza «derivata» per un valore di 9,5 miliardi di euro, pari al 27% del debito degli enti locali negoziato in «derivati», pratica ormai vietata da metà 2008.

E le banche internazionali hanno bisogno di poter continuare a lavorare con gli enti pubblici, cosa che sarebbe messa a rischio da una eventuale sentenza che le interdisse dal contrattare con la pubblica amministrazione. E’ maturato così il contesto della transazione, che oggi è discussa dalla giunta Pisapia e lunedì verrà portata in Consiglio comunale. Alla trattativa sui termini monetari della transazione è voluta restare estranea la Procura, che nel processo continuerà dunque a chiedere la responsabilità penale delle banche. Ma di fronte alla transazione tra il Comune e le banche, appare possibilista sul rinunciare alla richiesta di interdirle dal contrattare con la pubblica amministrazione, nonché su un parere favorevole al dissequestro dei 100 milioni congelati dal 2009, ferma restando l'intenzione di chiedere comunque la confisca in caso di condanna definitiva.

Luigi Ferrarella17 febbraio 2012 [corriere.it]

 

 

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