Naccari su vendita patrimonio immobiliare

Siamo all’eterogenesi dei fini

La maggioranza chiede all’opposizione un confronto non pregiudizialmente chiuso sulle opposte posizioni. Richiesta formalmente giusta e chiaramente valutata con attenzione. Eppure Arena non è in condizioni di dire ancora una parola chiara sul bilancio comunale.

Non si comprende quindi come si possa parlare visto che il Comune non sa quindi dire cosa potrà fare non conoscendo neppure le proprie disponibilità e non ha un euro per pagare gli enormi debiti prodotti. Ma mentre questo paradosso va in scena con i suoi corollari di stipendi non pagati ai lavoratori, imprese al collasso, danni ed interessi che aumentano, “il non governo comunale” persevera in piena continuità con scelte senza logica proponendo di vendere l’intero patrimonio edilizio.

In buona sostanza Arena vende gli alloggi destinati alle famiglie meno abbienti per coprire una parte dei debiti della precedente gestione, debiti che però non dichiara ricorrendo alla tragica burla della mancanza di liquidità. Io credo che tale atteggiamento sia possibile solo da noi infatti all’omertà dell’amministrazione sulle condizioni finanziarie segue la commissione di ulteriori illegittimità non consentite formalmente dal nostro ordinamento.

Infatti  è vero che la vendita del patrimonio edilizio è un’attività del tutto normale e quando gli immobili non sono più economicamente vantaggiosi il Comune prevede la loro dismissione attraverso procedure che facilitino l’acquisto da parte dei locatari assegnatari.

Ma è altrettanto vero che per legge i proventi conseguenti all'alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica devono essere destinati al finanziamento d'interventi nello stesso settore (art. 1, comma 5, L. 24 dicembre 1993, n. 560).

I tecnici lo sanno.  In sostanza gli introiti che vanno collocati al Tit. IV dell'Entrata devono  essere utilizzati per le spese del Tit. II° (spese di investimento e non spese correnti). La logica è impedire ad amministratori irresponsabili di fare cassa con i beni comunali e pagare i debiti della gestione corrente o precedente.

Ancora il  decreto legge 112/2008 dispone all’art. 13, comma 2, lettera c che gli enti sono obbligati a destinare “i  proventi delle alienazioni alla realizzazione di interventi volti ad alleviare il disagio abitativo”.

Per cui le somme che si ricavano della vendita del patrimonio immobiliare costituiscono fondi vincolati e non possono essere utilizzati  per le spese correnti o peggio ancora per far fronte a debiti pregressi.

Solo gli imprenditori falliti vendono il patrimonio per pagare i debiti ! Il tentativo del Comune è quello dell’imprenditore fallito che ormai è pronto a tutto. Tale atteggiamento è un pericolo per la città e va impedito a salvaguardia della città e della credibilità di tutte le istituzioni.

La società SATI che secondo l’amministrazione comunale dovrebbe gestire l’operazione era nata per fare altro.

Anche questa è una metafora illuminante di questa amministrazione guidata da un “ratificatore”. SATI nasce nel 2010 da uno studio sui servizi del 2000 approvato dal Consiglio Comunale di allora che prevedeva una società snella e non costosa che attraesse investimenti in città.

Dall’attrazione degli investimenti di cui Reggio ha bisogno alla vendita dei beni comunale, il passo è veramente lungo. Tutto ciò dimostra la diversa prospettiva degli amministratori di allora e di quelli di oggi. Con il “modello Scopelliti” SATI diventa lo strumento per vendere i beni dei reggini e pagare una piccola parte dei debiti accumulati per gabbare elettoralmente i reggini in barba alla legge e alla logica. Siamo all’eterogenesi dei fini. Un inizio edificante non c’è che dire.

Demetrio Naccari Carlizzi

 

 

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