Doppia preferenza di genere

Dibattito di SNOQ

L’Art. 3 della Costituzione recita: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Da qui parte il dibattito nell’aula Levato di Palazzo Campanella sulla legge sulla doppia preferenza di genere promosso da Se non ora quando? di Reggio Calabria alla presenza della presidente della commissione Pari Opportunità Giovanna Cusumano, del consigliere regionale IDV Mimmo Talarico e del consigliere regionale del PD Demetrio Naccari Carlizzi. Noi come Pd abbiamo già inserito nel nostro statuto l’innalzamento della quota  delle presenze di genere  nelle liste dal 30  al 50% percento, ha detto Naccari,   per cui   riteniamo che,  per una competizione equa, questa regola debba essere estesa a tutti gli altri partiti,

E’ però proprio  questa è la sostanziale differenza tra la proposta  di legge regionale del Pd  e di Talarico e quella di iniziativa popolare, che non prevedeva l’obbligo per i partiti di avere presenze obbligatorie femminili nelle liste.  Chiaramente si rischia di vedere vanificato l’obiettivo dell’elezione  perché si può  anche imporre una preferenza di genere ma se non si candida nessuna donna come si fa  materialmente ad ottenere questo risultato? Questa è  una proposta che avrebbe indubbiamente penalizzato, rispetto al peso elettorale delle liste, i partiti che hanno già fatto una scelta inserendo nel proprio statuto le cosiddette quote di riserva. Sono convinto della necessità di approvare questa norma, ha ribadito Naccari.

La politica delle quote non è un’ invenzione italiana. Da circa 50 anni negli Stati Uniti lo strumento delle Affermative Action prevede quote di riserva per consentire l’accesso ai più disparati servizi in riferimento a quella che è la distinzione razziale. Da noi questo strumento è stato utilizzato attraverso meccanismi più che altro di cooptazione. Basti pensare alle giunte e  alle compagini di governo  dove molto spesso vengono inserite donne,  ma sempre attraverso la cooptazione. Questa è la differenza essenziale tra uno strumento elettivo che consente di avere un obbligo di quote e una doppia preferenza che consente al corpo elettorale femminile e maschile di concorrere alla selezione, quindi di inserire un elemento di merito qualificante assolutamente differente da quello della cooptazione.

E’ evidente che ci sono delle ragioni che hanno portato a ridurre la disponibilità delle donne all’impegno politico e a  una piena esplicazione del principio di parità e non c’è alcuna violazione del principio di uguaglianza nel momento in cui  la Corte Costituzionale ha chiarito come, con una riserva di quote,  si assicuri un’opportunità maggiore di rappresentanza che va verso un principio sostanziale di equità.  Noi possiamo dire come questa norma sia pienamente applicabile, ha detto ancora Naccari. In sostanza l’obiettivo è la predeterminazione di alcune garanzie di risultato attraverso le candidature, che a questo punto sono fondamentali, mediante una preferenza che non può essere imposta ma che viene introdotta come facoltativa e che unita ad altre misure può concorrere a riequilibrare la rappresentanza.

D’altra parte le statistiche nazionali a tutti i livelli certificano una sottorappresentanza del genere femminile. La classifica dell’ Inter Parliamentary Union nel 2010 posiziona l’Italia al 54esimo posto su 188 paesi. Questo  è un risultato pessimo visto che prima di noi c’è l’Uzbekistan e vicino a noi la Cambogia, siamo quindi  lontani dai paesi più avanzati . Quello della rappresentanza femminile è  un grosso problema del nostro paese, così  come quello della rappresentanza generazionale. E’  la stessa faccia di una sottorappresentazione della diversità e della pluralità della nostra società, conseguenza della mancata comprensione da parte di chi governa dei problemi sociali e della loro soluzione. Ora abbiamo due scelte a livello regionale, ha spiegato Naccari. Da una parte chiedere ancora una volta che la maggioranza si determini in questo senso, stanando i soggetti che hanno una valutazione differente e  che devono assumersi le loro responsabilità con la votazione.  L’altra scelta  è quella di chiedere al Presidente del Consiglio Regionale di determinarsi in questo senso e di far dire ai consiglieri realmente cosa vogliono. Qualcuno dice che quest’aspetto va collegato alla riforma delle legge elettorale e alla legge sul numero dei consiglieri. Sarebbe il caso, ha concluso Naccari,  che si cominciasse da subito e la mia proposta è quella di  discutere nella commissione competente della nuova legge elettorale e, all’interno di questa, della preferenza di genere facendo in modo che ognuno parta da una rappresentanza trasparente dei propri intendimenti   

 

 

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