L'architetto è accusato di aver percepito indebitamente i soldi delle consulenze al Comune di Reggio

La Procura continua a indagare su somme che superano il mezzo milione

di GIUSEPPE BALDESSARRO - il Quotidiano - 17/02/2011

REGGIO CALABRIA - Ha restituito i soldi l'architetto Bruno Labate. Il consulente "fantasma" che ha intascato oltre 700 mila euro dall'amministrazione comunale di Reggio, per prestazioni sospette su cui la Procura sta indagando, ha versato nelle casse di Palazzo San Giorgio 180 mila euro che lui stesso aveva ammesso essergli stati liquidati senza alcun titolo. Soldi a causa dei quali, l'uomo è accusato di peculato aggravato in concorso con la dirigente, che si suicidò a dicembre scorso, Orsola Fallara. Una storia complicata quella messa assieme dai magistrati titolari del fascicolo (i pm Francesco Tripodi e Sara Ombra e il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza), con tratti a dir poco surreali.

Si, perchè nel fascicolo dell'indagine, non c'è solo la vicenda dei 180 mila euro incassati ad agosto dall'architetto senza alcuna pezza d'appoggio. Ma anche altri mandati di pagamento, per un totale di quasi 750 mila euro,
liquidati per consulenze professionali di opere mai finanziate e mai realizzate. Nella sostanza, tutto si consumava nel rapporto tra la Fallara e Labate (che per un periodo di tempo hanno avuto una relazione sentimentale).

In pratica la dirigente del settore Finanze del Comune chiedeva all'architetto di fare progetti -soprattutto nel settore del verde attrezzato completamente fuori da ogni logica. Lui disegnava e si presentava a Palazzo di città con i suoi elaborati. E l'amministrazione pagava, a colpi di 60-70 mila euro per volta. Per opere che non furono poi mai realizzate. Labate avrebbe intascato ad esempio soldi per "Competenze tecniche di un'area giochi", per "Competenze verde attrezzato", per il "Verde di San Giovannello" o per il "Verde attrezzato di Arghillà".

Lavori, che sentiti i dirigenti di settore (ad esempio quello di urbanistica), non furono mai fatti. Tanto più che alcuni degli stessi funzionari avrebbero detto ai pm che loro, Labate, neppure lo conoscono e che nei loro uffici nessun suo progetto fu mai preso in considerazione.

L'ultimo pagamento, che come accennato risale all'agosto scorso, persino lo stesso Labate afferma di non sapere a che titolo gli sia stato elargito, non avendo espletato alcun servizio per l'amministrazione. Eppure sul mandato si dice che i 180 mila euro furono liquidati per "Interventi di riqualificazione del depuratore di Ravagnese e la rete idrica di Gallico". Interventi di cui il professionista afferma di non sapere nulla.

Ovviamente tutte le dichiarazioni vanno riscontrate, ma gli inquirenti sospettano che complessivamente ci sia qualcosa che non va. Non convince infatti la teoria secondo cui una persona riceve soldi non sapendo neppure perché. Ed anche

la decisione di restituire il denaro giunge quando parte Un'inchiesta. Buona volontà dell indagato di porre rimedio certo, ma anche un'ammissione di colpa Ma perchè la Fallara, considerata dirigente certamente spigolosa, ma anche rigorosa, avrebbe riempito le tasche di Labate? La spiegazione non è semplice né immediata.

E' vero che i due avevano avuto per un periodo di tempo una relazione, ma questo difficilmente può giustificare una gestione tanto leggera e sfrontata del Bilancio pubblico.

Caso Labate a parte, resta poi la questione della gestione delle casse comunali. E' chiaro che se chi teneva i cordoni della borsa poteva disporne a suo piacimento senza dar conto a nessuno, il sospetto che altre operazioni simili siano state fatte diventa concreto.

Su questo fronte si stanno muovendo gli specialisti del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, comandato da Claudio Petrozziello. I quali stanno prendendo in esame tutte le operazioni anomale svolte dall'ufficio della Fallara.

In questo senso non si capisce infatti per quale ragione ad occuparsi di Lavori pubblici e arredo urbano sia stato l'ufficio Finanze e non, come normalmente dovrebbe avvenire, gli assessorati del settore. Anomalie insomma, su cui la Procura continuerà a lavorare. Una storia di malaffare probabilmente su cui pesa anche la tragedia della Fallara, donna determinata, ma anche fragile.

Che lo scorso dicembre, proprio in pieno dello scandalo chiesta e sull'onda della pOllemica decise di togliersi la vita. Un dramma personale nel dramma della città, che gli investigatori sperano di poter inquadrare un contesto preciso.

Anche per questo nelle ultime settimane si sono intensificati gli interrogatori. Ed anche per questo Labate è stato oggetto di due perquisizioni una nell'abitazione e l'altra dell'ufficio in cui opera come capo della delegazione Calabria a Roma.

 

Ancora sul caso Labate

Pubblicato il 17/02/2011

 

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